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martedì 15 marzo 2011

Dialogo tra un pazzo e un venditore di fagioli

Maledetto renitente! Quanti ettari di filo spinato hai sorvolato per scioglierti su quella poltrona?
Su per giù una settantina.
Sfiduciato! Disonorevole! Speravo che il mondo girasse in senso orario per recuperare un po’ del mio tempo… e invece guarda come sono ridotto. Sono mesi che mangio solo fagioli, mi sento male. Passami un bicchiere.
Sei nel posto giusto.
Ti racconterei di quella capra che viveva sulle più alte vette dell’Himalaya, ma sono troppo stanco. Il mondo è già stanco, è ancora stanco. Non pesano tanto i secoli quanto le anime dei dannati: non sanno più dove metterle… faranno un altro decreto.
Governo ladro...
Piove! Piovono dadi, simbolo d’infingarda passione. Sciami di dadi muggiscono e si dilaniano contro palizzate di baionette. Ah! Ho abbandonato la mia ruota per un dado, bel mestiere ho combinato.
Meglio un dado oggi o una ruota domani?
La ruota… la rivoglio! Sono vecchio e ti confesso che è meglio vivere aggrappato alla speranza di una ruota che gettato nell’angolo più cupo di un dado.
Dà-do. Nella parola c’è un chiaro riferimento.
Dare… siamo quel che diamo o quel che riceviamo? Nessuno ed entrambi, caro signore dei miei fagioli. Siamo un’entità che si costituisce con l’andare del tempo, un castello i cui granelli aumentano fino a che, quando sono ormai troppi, crollano e si riversano sopra qualchedun altro.
Questo ti turba?
Certamente non questo. Mi duole non poter scegliere, o per lo meno sapere, a chi tramanderò la mia sabbia. L’ho sudata sai, l’ho dovuta difendere dai lupi! Fai presto tu a vendere fagioli da un baldacchino. Vieni a fare la guerra, guarda in faccia le ossa che stroncano l’anima! Raccogli una testa dalla polvere, prova cosa vuol dire la sete di casa…
Vorrei saperlo.
Te lo auguro. A vedere solo questa vita verrebbe da dire che siamo più noiosi delle zebre. Con la differenza che noi abbiamo inventato i cannoni e le navi e le ferrovie! Una nave non è fatta per rimanere nel suo porto.
Tuttavia il molo è un posto sicuro.
Sicuramente l’ultimo luogo nel quale vorrei morire, il primo in cui avrei voluto nascere. A sopravvivere a un naufragio se ne esce con un paio di occhi nuovi: questo non è un molo, è un cimitero! Un loculo, per Giove! Portatemi via di qui… non seppellitemi vivo nella melma! Voglio morire per davvero, io.
Tu sei pazzo…
Appunto. Ma tu sei un venditore di fagioli. Io vedo cose che non puoi neanche immaginare, e tu? Tu vedi solo un pazzo. Un pazzo col bastone, la dentiera, una foto sbiadita nel portafogli… Questa foto l’ho scattata quando avevo ancora gli occhi vecchi, guarda.
E’ un albero?
Un albero?! Per tutti i bracconieri di anime, questo non è solamente un albero! Osserva bene la figura che esso compone, non ti sembra umana? Che dico umana… viva! Non riesci a sentire ciò che ti sta comunicando quello che tu chiami albero? E guarda lo sfondo, il tramonto, quel lembo di nuvola… Che splendore!
Continuo a vedere un albero.
Questo ti deve mettere in guardia, figliolo. Con i tuoi occhi pieni di fuliggine non vedi che le sagome riflesse della realtà. Parti! Lascia questo pollaio, abbandona il fienile! Se resterai qui diverrai cieco e non vedrai tanti tramonti, tante aurore, tanti… alberi!
Hai ragione. Sei pazzo, ma hai ragione.
Ed è proprio per questo che dico il vero, perché sono pazzo. Pensi di essere più intelligente di un cane? Beh, lui è più sensibile di te, può percepire una gamma di odori e rumori da impressionare qualsiasi macchinario umano. Io ho imparato a sentire quegli odori, a farli miei. Ho ascoltato quei rumori e ora li distinguo come il rosso dal verde. Un pazzo non ha pregiudizi ma ascolta, fiuta, impara tutto da tutti, in silenzio. Questa è la mia forza.
Ammirevole.
Di più! Micidiale, dirompente quanto placida è la nostra anima! Corpo sereno e mente libera: quant’è bello essere pazzi! La vera sfortuna è quella di essere malvisti dalla gente. Ma ti dirò, in confidenza: meglio evitato che molestato. Era troppo soffocante camminare nella folla opaca e muta, lavorare senza sosta in mezzo a una torma immonda per arrivare, a sera, ad addentare un pezzo di dignità conteso da un gregge di stomaci senza cuore. Era troppo… così ho deciso di fare il pazzo.
Una scelta coraggiosa… e di che vivi?
Aaah! La tua ingenuità si addice a un uomo di questi tempi, all’uomo che ero anch’io. Io vivo. Vivo per, vivo in… non di. Per trent’anni ho vissuto di sopravvivenza: un po’ per pagare le tasse e un po’ perché non mi sembrava di avere altra scelta. Poi la guerra: il freddo, il sangue, i cimiteri… quante croci, quante ne sono servite per lavare quegli occhi? Quante notti di veglia passate a divorare le stelle! Ma poi l’ho vinta, la mia guerra.
Quale guerra?
Quella contro il normale, il civile uomo che ero. Contro la nuova società. Nuova per me, per lo meno. Nuova e spaventosa per i miei occhi, veri, di cristallo e non più fondi di bottiglia! Mai più voglio rimettere quegli occhi! Li ho gettati nella bufera e dati in pasto agli sciacalli. Dammi una spinta, fratello, dammi la forza per nuotare e lasciare finalmente alle mie spalle le alghe putride di questo porto. Vado, nuoto contro la corrente. Dove? Vado a riprendere la mia ruota.

"Nessuno si appaga del stato suo, eccetto qualch'insensato e stolto, e tanto più quanto più si ritrova nel maggior grado del fosco intervallo de la sua pazzia." Giordano Bruno
Immagine: Annibale Carracci, Mangiafagioli, 1584-1585.
Ispirazioni: Giacomo Leopardi (“Operette morali”, Zibaldone); Platone (Dialoghi).

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