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domenica 11 dicembre 2011

Elogio della povertà

Temiate la superficialità, non la povertà.
Con questo monito mi inoltrai nella selva della sofferenza per uscirne diverso. Un altro, addirittura.
Al contrario di quello che la mentalità borghese può indurci a pensare, la povertà è un pregio: o meglio, una fonte di virtù. Perché è solo nella mancanza che l’uomo può tornare a riscoprire le proprie doti, a vivere secondo natura e in armonia con sé stesso.
L’abbondanza di mezzi e piaceri rende deboli e sviliti. Tutti i popoli che sono cresciuti tra l’oro e lo sfarzo, ci sono anche morti. L’esempio dei monasteri germogliati nel Medioevo dimostra invece l’integrità del rigore intriso di frugalità e povertà. Quale migliore prova di rettitudine della scelta di una privazione spontanea!
Se oggi la materia effimera ha vinto sullo spirito, se il corpo soccombe sotto la vacua apparenza e l’umanità è schiava del denaro e drogata di progresso, lo dobbiamo al trionfo della ricchezza. Non solo l’uomo moderno vuole essere ricco: egli desidera essere più ricco. Più degli altri, più di prima. Più ha e meno dà. È sensato allora constatare che ogni altra logica malata di quest’epoca sia erede legittima della ricchezza.
Per questo in quella selva ho imparato a vivere. Imparare a vivere è un clamoroso ossimoro, mi direte: ogni uomo vive dal primo istante in cui è concepito fino alla morte. Vi siete mai soffermati nel bel mezzo di un incrocio, ad osservare gli umani zampettare da un negozio all’altro come formichine denaturate? E osate ancora definirli vivi? Carichi di borse, vestiti ad arbitrio delle pubblicità, soggiogati dalle micro tecnologie; privi di personalità e meccanici come zombie. La mortificazione della vita.
Trovai nella coscienza del sacrificio una cura al germe erosivo del lusso. Solo le notti sotto le stelle e i giorni trascorsi a contemplare il sole portarono robustezza alle mie ossa e ossigeno alla mia mente. Solo immergersi nell’acqua dopo un addestramento snervante ci ridona una sensazione di vita. Un tronco cavo diviene giaciglio e il verso del gufo piacevole compagnia. Nel profumo di una viola e nel gusto di una fragola di bosco sono racchiusi i misteri del mondo.
Questi pensieri fluttuano accarezzati dalla brezza come ninfee sullo specchio di un lago. L’estasi della staticità esterna rivela tuttavia la profondità feconda che le ha generate: acque incontaminate da cui le zanzare della copiosità stanno deliberatamente alla larga. Queste sguazzano lontane: nelle pozzanghere, nelle paludi e in tutto ciò che può offrire solamente la ricca, ma corrotta, superficie di sé stesso.
"Un letto da poco mi scalda meglio di uno ricco: perché io sono geloso della mia povertà." (F. Nietzsche)

2 commenti:

Charles ha detto...

Intervento all'altezza dei precedenti, davvero.
Proprio l'altro giorno, mentre meditavo su un passo di Seneca, mi si è formato in mente questo aforisma: "La via per la ricchezza è breve: ecco perché non vale la pena percorrerla."
Onorato di trovarti d'accordo.

Anonimo ha detto...

Seguo da poco Doge, ma già affascinato e nutrito nell'Anima.
Grazie.