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sabato 7 gennaio 2012

Manifesto della Pazzia



Crediamo nella pazzia che si fa azione.
Siamo quei pazzi di professione che nascondono la propria ragione nella fondina. Siamo ferrei nel nostro mestiere, né ragionevoli né moderati. Le nostre tasche potrebbero essere piene, ma sono libere da ogni costrizione materiale, poiché mai abbiamo osato profanarle.

Non siamo affetti da crisi di identità: ne abbiamo così tante da doverle alternare.
Ieri saltellavo con una tromba simulando la breccia di Porta Pia nel mio garage, oggi piango sulla foce di un fiume lamentando di non trovare più quel sasso colorato che facevo saltare sull’acqua. Nulla di ciò che apparteneva al giorno precedente ha senso in quello successivo, poiché in mezzo c’è una luna e c’è un cielo stellato, che già costituisce un’era a sé. Parlo in armeno per ore con un imperatore kazaco, prima di capire che sto soffiando in una bottiglia di aceto per aspirarne gli aromi. In fondo, chi siamo noi?

Siamo il pendolo tra il nichilismo e il Superuomo.
Passiamo dal desiderio ardente di elevarci sopra noi stessi e sopra il mondo, a quello di volerci restare sotto per sempre. Dall’aquila al verme, il nostro animale totem può saltellare beatamente da un estremo all'altro scivolando sulle le vie di mezzo.

Teniamo monologhi con gli altri, dialoghi su noi stessi e discorsi con gli animali.
Ci teniamo alla cura delle relazioni con il nostro io: è sufficiente qualche telefonata alla coscienza prima di andare a dormire e un po’ di pubbliche relazioni nel fine settimana con l’autostima. Il miglior interlocutore è colui che non si affanna a trovare un difetto di pronuncia ad un’orazione il cui vocabolo meno onomatopeico è “clap clap”. Come destinatari, agli uomini preferiamo gli animali, che, nemmeno tanto per assurdo, capiranno meglio di altri il senso di questo manifesto.

La nostra religione è Romanticismo; la nostra democrazia è Reazione.
Sul nostro altare soppesiamo i sentimenti, per redigere attentamente l’andamento in borsa delle emozioni e delle sensazioni. Si badi che Romanticismo non è nulla di poetico né sdolcinato: un corvo intento a recidere chirurgicamente l’occhio di un cadavere sul ciglio della strada è per noi un quadretto romantico. Quello che intendiamo con Reazione è invece l’asse politica del nostro essere e divenire: il rifiuto di ogni giogo che non sia spontaneamente addossato; il biasimo nei confronti dell’attuale, della moltitudine e del perbenismo; la consapevolezza che tutto scorre: all’infuori, naturalmente, della mediocrità umana.

Vieni nostra trinità: misantropia, disprezzo, isolamento.
Uno e trino è meglio di un gruppo di tre, perché troppe presenze implicano un eccesso di compagnia. Il nostro manifesto si prefigge di riunire ogni pazzo in una comunità platonica. Nessuna congregazione fisica, nessuna azione coordinata potrebbe esistere tra pazzi, perché frequenze diverse esigono canali diversi. E perché forse noi, una frequenza, nemmeno l’abbiamo.
« La pazzia è ribrezzo, veneralo.
La pazzia è una disgrazia, accoglila.

La pazzia è fame, cucinala.
La pazzia è un incubo, realizzalo.
La pazzia è un puzzle, confondilo.
La pazzia è un sorteggio, pilotalo.
La pazzia è un sole, contemplalo.
La pazzia è un bonsai, coltivalo.
La pazzia è una debito, screditalo.
La pazzia è orrore, vomitalo.
La pazzia è un mistero, difendilo.
La pazzia è giuramento, onoralo.
La pazzia è tristezza, piangila.
La pazzia è una cadenza, marciala.
La pazzia è una guerra, conducila.
La pazzia è un ardimento, osalo.
La pazzia è morte, seppelliscila.
La pazzia è pazzia, saziala. »


2 commenti:

exruinae ha detto...

Quando si e' in due a sapere una cosa si e' gia' troppi. Questo blog mi piace cosi' tanto che, per gelosia, non ne comunico l' esistenza a nessuno.

Complimenti

Doge ha detto...

Mi fa piacere... il buon Manzoni stava così bene con i suoi venticinque lettori, ora in tutta la penisola lo stuprano nelle interrogazioni da scena muta.

E Nicolas Gomez D'Avila sosteneva che scrivere per più di cento persone sarebbe un errore!