Si inserisce nel mondo politico odierno, soprattutto in certe frange “radicali”, il dibattito sul valore del passato, in particolare riguardo ad alcune epoche a noi temporalmente più vicine. E, nel caso dell’ambiente identitario-nazionalista (definito per convenzione, ma piuttosto grossolanamente, “destra radicale”) l’epoca in questione è quella fascista.
Come porsi di fronte a un periodo storico che, volenti o nolenti, ha lasciato il segno nel nostro modo di pensare e si ripercuote sulla lente attraverso cui le persone esterne spesso filtrano le nostre posizioni?
Partiamo dalla distinzione di due coppie di concetti antitetici: la prima riguarda il “vecchio” e l’“antico”, su cui credo di non dovermi soffermare; si potrebbe anche dire: la differenza tra “nostalgismo” e “tradizione” – e credo che le marcate accezioni (rispettivamente negative e positive) dei termini si commentino da sé.
La seconda questione, più complessa, vede in contrapposizione le locuzioni di “anacronistico” e “inattuale”. Benché possano sembrare concetti abbastanza simili, sinonimi forse per i più profani, tra i due termini corre in realtà un abisso.
Anacronismo (da un qualsiasi dizionario): Errore cronologico per cui si collocano in un periodo storico avvenimenti o fenomeni accaduti in un'altra epoca. Figurativo: Estraneità, diversità rispetto alla propria epoca; idee che sono un anacronismo.
Un concetto si definisce quindi “anacronistico” quando è temporalmente fuori posto, cronologicamente mal collocato; anacronistico sarebbe, ad esempio, parlare di Austria-Ungheria o di U.R.S.S. in un tema d’attualità. Anacronistico è quindi definirsi fascisti oggi, o atteggiarsi a tali, per tornare allo spunto da cui eravamo partiti.
Passiamo allora alla definizione di inattuale. Mi permetto di scomodare un passo di più articolato della semplice formula da vocabolario. Cito alla lettera:
È inattuale ciò che non si misura né si confronta con il tempo, perché non gli è di genere conforme. L’essere inattuale rimane estraneo alla dialettica delle condizioni che l’attualità moderna, con l’oscuramento di elementi originari del reale, si propone di imporre al pensiero, rendendolo moda attuale. L’inattualità introduce la dissonanza nell’uniformità del discorso sociale e così comunica la consapevolezza della falsità di quest’ultima. (Edizioni di Ar, introduzione alla collana “Gli inattuali”).
Da questo spunto possiamo dedurre che il termine “inattuale” possiede in realtà un’accezione positiva, poiché non rimane indietro nel tempo, bensì riesce a passarvi oltre. Sopra, se può rendere maggiormente l’idea; quell’über tanto caro al filosofo che ci ha insegnato l’oltreuomo.
Ma la politica non è astratta e non è composta da idee – al limite è composta dalle idee – e quindi la sfida odierna sta nell’attualizzare i concetti inattuali, plasmandone la parte feconda, adattandola e realizzandola concretamente nel contesto presente.
Concludo con un’ultima citazione, invitando chiunque faccia politica a non accontentarsi di fantasticare sul passato; a non pretendere di esportare nel Ventunesimo secolo modelli e simbologie mummificati nel passato. Ma, partendo dal nostro bagaglio di storia (che ha almeno diecimila anni e non un misero ventennio), ora più che mai è necessario corroborare la nostra lotta nel pieno presente, attraverso la consapevolezza pragmatica dell’uomo attuale e i principi cardine dello spirito inattuale.
Bisognerebbe dar ragione a questi odierni scettici, antagonisti della realtà e microscopico-indagatori della coscienza: il loro istinto, grazie al quale essi vengono strappati via dal corso della moderna realtà, è incontestabile – che ci importa dell’andirivieni delle loro tortuose vie! L’essenziale in loro non è il loro volere “tornare indietro”: ma il loro volere “andare via”! Un po’ più di forza, slancio, coraggio, temperamento artistico: ed essi vorrebbero mirare oltre – e non indietro. (F. W. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”)
Come porsi di fronte a un periodo storico che, volenti o nolenti, ha lasciato il segno nel nostro modo di pensare e si ripercuote sulla lente attraverso cui le persone esterne spesso filtrano le nostre posizioni?
Partiamo dalla distinzione di due coppie di concetti antitetici: la prima riguarda il “vecchio” e l’“antico”, su cui credo di non dovermi soffermare; si potrebbe anche dire: la differenza tra “nostalgismo” e “tradizione” – e credo che le marcate accezioni (rispettivamente negative e positive) dei termini si commentino da sé.
La seconda questione, più complessa, vede in contrapposizione le locuzioni di “anacronistico” e “inattuale”. Benché possano sembrare concetti abbastanza simili, sinonimi forse per i più profani, tra i due termini corre in realtà un abisso.
Anacronismo (da un qualsiasi dizionario): Errore cronologico per cui si collocano in un periodo storico avvenimenti o fenomeni accaduti in un'altra epoca. Figurativo: Estraneità, diversità rispetto alla propria epoca; idee che sono un anacronismo.
Un concetto si definisce quindi “anacronistico” quando è temporalmente fuori posto, cronologicamente mal collocato; anacronistico sarebbe, ad esempio, parlare di Austria-Ungheria o di U.R.S.S. in un tema d’attualità. Anacronistico è quindi definirsi fascisti oggi, o atteggiarsi a tali, per tornare allo spunto da cui eravamo partiti.
Passiamo allora alla definizione di inattuale. Mi permetto di scomodare un passo di più articolato della semplice formula da vocabolario. Cito alla lettera:
È inattuale ciò che non si misura né si confronta con il tempo, perché non gli è di genere conforme. L’essere inattuale rimane estraneo alla dialettica delle condizioni che l’attualità moderna, con l’oscuramento di elementi originari del reale, si propone di imporre al pensiero, rendendolo moda attuale. L’inattualità introduce la dissonanza nell’uniformità del discorso sociale e così comunica la consapevolezza della falsità di quest’ultima. (Edizioni di Ar, introduzione alla collana “Gli inattuali”).
Da questo spunto possiamo dedurre che il termine “inattuale” possiede in realtà un’accezione positiva, poiché non rimane indietro nel tempo, bensì riesce a passarvi oltre. Sopra, se può rendere maggiormente l’idea; quell’über tanto caro al filosofo che ci ha insegnato l’oltreuomo.
Ma la politica non è astratta e non è composta da idee – al limite è composta dalle idee – e quindi la sfida odierna sta nell’attualizzare i concetti inattuali, plasmandone la parte feconda, adattandola e realizzandola concretamente nel contesto presente.
Concludo con un’ultima citazione, invitando chiunque faccia politica a non accontentarsi di fantasticare sul passato; a non pretendere di esportare nel Ventunesimo secolo modelli e simbologie mummificati nel passato. Ma, partendo dal nostro bagaglio di storia (che ha almeno diecimila anni e non un misero ventennio), ora più che mai è necessario corroborare la nostra lotta nel pieno presente, attraverso la consapevolezza pragmatica dell’uomo attuale e i principi cardine dello spirito inattuale.
Bisognerebbe dar ragione a questi odierni scettici, antagonisti della realtà e microscopico-indagatori della coscienza: il loro istinto, grazie al quale essi vengono strappati via dal corso della moderna realtà, è incontestabile – che ci importa dell’andirivieni delle loro tortuose vie! L’essenziale in loro non è il loro volere “tornare indietro”: ma il loro volere “andare via”! Un po’ più di forza, slancio, coraggio, temperamento artistico: ed essi vorrebbero mirare oltre – e non indietro. (F. W. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”)
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