Il solstizio d’inverno è, prima di tutto, un evento astronomico. È il momento dell’anno in cui, nell’emisfero boreale, il Sole raggiunge il suo anti-apice: è la notta più lunga dell’anno.
Cosa può e deve significare per noi ‘celebrare il Solstizio’?
Non solo reiterare la nostra gratitudine verso la rinascita solare; non solo partecipare a una vittoria simbolica sulle tenebre. Il quotidiano deve lasciare posto alla circolarità dell’eterno: il giorno feriale alla stagione, la settimana lavorativa all’anno solare, la frenesia dell’orologio all’innata regolarità delle fasi lunari. È fondamentale a questo scopo trovarsi in un luogo appartato e inusuale, che accentui tanto l’eccezionalità dell’avvenimento quanto il raccoglimento necessario all’elevazione interiore. Per poche ore l’uomo civilizzato ha il privilegio di tornare a sentirsi animale spirituale nella sua dimora naturale.
Bisogna altresì precisare che non si tratta di un culto religioso. Quella che in latino viene chiamata religio è ciò che più si avvicina al termine superstizione, nel senso più anti-razionale del termine. I riti religiosi, fuori dal loro contesto tradizionale, perdono il loro significato originario; così come libare offerte a Cerere aveva un reale significato nell’età romana precristiana, oggi sarebbe a ragione etichettato come folklore, tra il patetico e il sacrilego. Pertanto noi, europei della tarda età contemporanea, dobbiamo rassegnarci al fatto di non avere una religione, e quindi di non poterla pienamente esercitare nella sua funzione rituale.
Il livello che ci avvicina al vero senso della celebrazione è invece quello metafisico: nulla come questo aggettivo fonde alla perfezione la dimensione materiale con quella spirituale. Il fuoco acceso sulla Terra è il tramite tra noi e il Sole, la veglia notturna è l'offerta spontanea della nostra vita alla perfezione dell’universo. Attendere il ritorno del Sole vigilando è l’iter per entrare in contatto con il divino.
Per nulla in contraddizione con l’anti-religiosità del rito, l’elemento divino si svela nella circolarità naturale degli elementi. La terra, il fuoco, la luna, il sole, le stelle: vita e morte, declino e rinascita sono i fenomeni che ci manifestano la divinità nel reale. Solamente quando percepiremo questa fusione con la natura, nella quale si riscopre la divinità come la più pura forma di panteismo, il cui apice è l’empatia solare, solo allora si potrà dire riuscito il rituale del Solstizio.
Di seguito, della musica che aiuta ad avvicinare le parole al concetto.
Cosa può e deve significare per noi ‘celebrare il Solstizio’?
Non solo reiterare la nostra gratitudine verso la rinascita solare; non solo partecipare a una vittoria simbolica sulle tenebre. Il quotidiano deve lasciare posto alla circolarità dell’eterno: il giorno feriale alla stagione, la settimana lavorativa all’anno solare, la frenesia dell’orologio all’innata regolarità delle fasi lunari. È fondamentale a questo scopo trovarsi in un luogo appartato e inusuale, che accentui tanto l’eccezionalità dell’avvenimento quanto il raccoglimento necessario all’elevazione interiore. Per poche ore l’uomo civilizzato ha il privilegio di tornare a sentirsi animale spirituale nella sua dimora naturale.
Bisogna altresì precisare che non si tratta di un culto religioso. Quella che in latino viene chiamata religio è ciò che più si avvicina al termine superstizione, nel senso più anti-razionale del termine. I riti religiosi, fuori dal loro contesto tradizionale, perdono il loro significato originario; così come libare offerte a Cerere aveva un reale significato nell’età romana precristiana, oggi sarebbe a ragione etichettato come folklore, tra il patetico e il sacrilego. Pertanto noi, europei della tarda età contemporanea, dobbiamo rassegnarci al fatto di non avere una religione, e quindi di non poterla pienamente esercitare nella sua funzione rituale.
Il livello che ci avvicina al vero senso della celebrazione è invece quello metafisico: nulla come questo aggettivo fonde alla perfezione la dimensione materiale con quella spirituale. Il fuoco acceso sulla Terra è il tramite tra noi e il Sole, la veglia notturna è l'offerta spontanea della nostra vita alla perfezione dell’universo. Attendere il ritorno del Sole vigilando è l’iter per entrare in contatto con il divino.
Per nulla in contraddizione con l’anti-religiosità del rito, l’elemento divino si svela nella circolarità naturale degli elementi. La terra, il fuoco, la luna, il sole, le stelle: vita e morte, declino e rinascita sono i fenomeni che ci manifestano la divinità nel reale. Solamente quando percepiremo questa fusione con la natura, nella quale si riscopre la divinità come la più pura forma di panteismo, il cui apice è l’empatia solare, solo allora si potrà dire riuscito il rituale del Solstizio.
Di seguito, della musica che aiuta ad avvicinare le parole al concetto.
2 commenti:
Seconda parte di "Siamo pazzi, arrendetevi"?
E' un reclamo? Potrei pensarci... la materia abbonda sempre!
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