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venerdì 28 gennaio 2011

Verità e storia

Essendo dall’anno 2000 ricorrenza ufficiale per lo Stato italiano e dal 2005 celebrato anche da altri stati compreso l’ONU, mi sembra il periodo giusto per parlarne. Di cosa? Ma naturalmente di uno di quei pochi avvenimenti che per essere ricordato non ha uno, bensì tre nomi propri. Il più emblematico tuttavia è “Memoria”, con quella lettera maiuscola che suona come una beffa verso le altre memorie, quelle di seconda classe.
Ma è importante focalizzare l’attenzione sul termine “evento”, seguito da un aggettivo altrettanto fondamentale: “storico”. Ora sappiamo che tutto ciò che riguarda la storia fa rima con ricerca, studio, analisi: insomma sostantivi che rievocano movimento ed evoluzione. Invece per trattare questo particolare avvenimento si ricorre a un ossimoro: “verità storica”. Due parole di una portata incontrollabile che cozzano e stridono tra loro fino a che una di queste, la verità, si sbarazza del suo aggettivo per diventare una verità. Assoluta.
Per fare un esempio più concreto, il 24 gennaio 2011, sul tema delle leggi contro il negazionismo, il presidente della comunità ebraica di Roma ha asserito senza mezzi termini che affermare che l'Olocausto non sia avvenuto è “un gesto stupido, immensamente riprovevole e simile a chi sostiene che la Terra è piatta.”
Chi ha un minimo a cuore la storia potrebbe non reggere il peso di una simile dichiarazione. Eppure essa dà il metro dell’assurdità di chi porta avanti retorica e demagogia su un piano storico. Vogliamo la verità? Esigiamo dibattiti con tanto di controparte, documentazioni di ogni sorta e nessuna propaganda. Abbiamo il diritto di sapere come è andata la storia, di sentire l’opinione di tutti, a costo di sentirci dire cose a nostro dire sgradevoli - questa e non altro è la libertà di espressione.
L’immobilismo, le leggi anti revisionismo e le versioni ufficiali non aiutano per nulla a scavare a fondo la verità che noi acclamiamo a gran voce. Chiediamo che non venga etichettato come pazzo o nemico pubblico chi espone e argomenta tesi storiche: in quanto parte della storia pretendiamo di avere voce in capitolo sull’argomento. Perché se avessimo seguito la strada della censura, cari signori, saremmo ancora convinti di vivere sopra a un disco. Piatto.
"La verità vi farà liberi, la menzogna credenti. Perché la menzogna ha un fascino segreto e un potere invincibile sugli animi: si accredita con l’opinione, si afferma e si consolida con l’uso, assume tutte le apparenze della verità, presto o tardi giungerà a sottomettervi e acquisterà sugli animi un dominio indistruttibile."
Immagine: La verità e la menzogna, 1490

La sfida


Faceva freddo nella grotta. Davanti a me si ergevano i sette demoni della cupidigia, pronti a sbranare ogni brandello della mia anima. Mi sentivo debole e abbandonato. Aspettai che mi rivolgessero la parola.

Per prima cosa mi chiesero di rinnegare le mie origini e rinunciare ad ogni identità. Poi mi offrirono generose ricompense per mutilare la lotta, firmare la resa, regalare la vittoria. Mi fecero capire che non aveva più senso andare avanti, che la mia era una folle lotta contro i mulini a vento. Sbavavano e sorridevano compiaciuti, sicuri di sé e della mia risposta. Tremante alzai la testa. Li guardai uno ad uno negli occhi, strinsi i denti e urlai guai! Guai a colui che rinnega e al vile che retrocede. Ho promesso! Ho giurato che questa spada non conoscerà tregua fino a che non avrò abbattuto anche l’ultimo dei vostri mulini a vento. Voi mi siete testimoni.

Detto ciò uscii, barcollando per lo sforzo, verso la luce. Ero consapevole che quel gesto mi avrebbe condannato per sempre. Sorrisi, perchè in realtà dentro di me sapevo che quella era la mia strada.
Immagine: Dante, La Divina Commedia, Inferno XXI v. 72 "Nessun di voi sia fello!"

martedì 11 gennaio 2011

Il Fiume

- Perché continui a camminare?
- Non posso farne a meno. Puoi pensare a un fiume immobile? A un ponte statico? L’uomo è fatto per attraversare il suo ponte, navigare lungo il suo fiume. Penso che il fiume sia però la metafora più adatta: siamo abituati a pensare al ponte come opera ingegneristica umana, mentre la vita sarebbe troppo complicata per essere architettata da un bipede del nostro genere.
- Quindi questa vita è un fiume?
- Esatto. E’ il fiume che navighiamo se, per volontà nostra, non decidiamo di affogarci prima.
- Spiegami, ti ascolto.
- Tutti noi nasciamo nel più profondo entroterra, in una foresta che riecheggia di primitivo, caratteristica che, concorderai con me, è imprescindibile nel neonato.
- Non vedo come disapprovare.
- Dunque, dal sottobosco di questa foresta oscura sgorga un rigagnolo: il tuffo in questo rigagnolo è il nostro impatto con la vita terrena. E’ l’inizio del viaggio, il ruscello che diventerà oceano.
- Capisco.
- Impariamo presto a nuotare, o meglio, siamo costretti a farlo. La situazione ci impone di nuotare o tornare indietro: respiriamo per non sprofondare negli abissi. La portata del fiume cresce con noi e non aspetta mai nessuno, chi non sta al passo troverà correnti più forti di lui. Non dobbiamo mai pensare che la vita sia benevola: la natura che ci ha messi al mondo non è buona né malvagia, ma indifferente. Non vede i sentimenti, non si fa trascinare dalle emozioni, non prova compassione: fa solamente rispettare le regole del gioco.
- Così la vita sarebbe un gioco?
- Sarebbe più esatto dire che il gioco è una sorta di vita. Non trovi? Tornando alla nostra metafora iniziale, dicevo che il fiume rappresenta al meglio la vita umana. Infatti non segue un unico percorso preciso e neppure c’è un punto di arrivo predestinato: un’infinità di affluenti ed effluenti, laghi e canali rendono ogni percorso unico e lasciano la possibilità al pellegrino – così chiamo l’uomo – di scegliere la sua strada. Egli deve inoltre provvedere al suo mezzo d’imbarcazione, che rovescerà e riparerà, perderà e riconquisterà, imparando dai propri errori e facendo tesoro dei suoi successi.
- La metafora calza a pennello. Tuttavia sento che manca qualcosa…
- Troppo presto vuoi sapere, allievo, come reagiranno tra loro i pellegrini. Forse la nostra stessa metafora sarebbe troppo riduttiva e inefficace al riguardo, poiché ricorda, come il gioco, anche un fiume non è altro che una piccola vita nella vita. Quello che ti ho appena ho mostrato è il percorso verticale dell’uomo, compiuto dall’anima accompagnata dal corpo. Quello del corpo accompagnato dallo spirito – il percorso orizzontale – avremo sicuramente modo di approfondirlo più avanti.
- E allora cosa accade quando ha termine il viaggio?
- Le anime, a contatto con l’acqua salata, si scindono dal corpo e si uniscono tra loro. Cosa ci sia nel fondale marino non me lo chiedere, poiché a chi sta ancora compiendo il viaggio della vita è concesso di vederne soltanto la superficie. Ascolta i miei consigli piuttosto.
- Lo farò.
- Conduci la tua navigazione con serenità e consapevolezza, timone saldo e forti remi. Non permettere mai alle inerti paludi di ancorarti, tra la ruggine, al fango della rassegnazione. Non farti trascinare dai i venti della paura ma imponi tu stesso la rotta. Fa’ in modo di essere pronto per la nuova vita quando ti tufferai nell’oceano.

Ispirazioni: Platone (Dialoghi); F. Nietzsche (“Così parlò Zarathustra”)