Nelle società pre-civili, il tempo veniva scandito dagli eventi naturali: si trattava quindi di una visione circolare della realtà, che portava stabilità e rigenerazione. Basti pensare alla concezione della morte, vista in veste di “ritorno alla terra” in alcune civiltà europee, oppure come “reincarnazione” per quel che riguarda quelle orientali. Ma la storia, come una molla circolare e ripiegata in tensione su sé stessa, con l’arrivo della civiltà ha iniziato a distendersi e ad allungarsi, assumendo nel tempo una posizione sempre più vicina a quella rettilinea.
Presso i Romani, la circolarità del tempo ebbe un primo sussulto: si iniziarono a contare gli anni ab urbe condita, anche se i calendari rimasero in sintonia con un mondo ancora prevalentemente naturale e contadino – durante la Repubblica a fasi lunari e in seguito alla riforma giuliana a fasi solari. Il passo più lungo della gamba tuttavia lo ha fatto il cristianesimo: la dottrina della linearità per eccellenza. Nella nascita di Cristo, come in tutte le religioni rivelate, c’è quello spartiacque impenetrabile che divide categoricamente le “due storie”. E da qui dritti senza passare più dal via!
Un’altra tappa importante la segnano le Rivoluzioni industriali, che hanno spianato la strada alla trasformazione della società rurale e artigianale in società meccanica, dando vita al proletariato e alle masse urbane. Quasi contemporaneamente, nel 1789, La Rivoluzione francese partorisce quello che Nietzsche definirà “un gelido mostro”: lo Stato. E per marcare simbolicamente il cambiamento, tra le prime novità introdotte, il governo post-rivoluzionario annovera l’universalizzazione delle unità di misura (decimali) e del calendario astronomico. Il compimento della Rivoluzione si realizzerà in Europa nel Novecento, e soprattutto nel Secondo dopoguerra, con il diritto di voto incondizionato e l’affermazione della democrazia. Quest’ultima forma di governo può essere considerata il “non plus ultra” per la distensione della molla-storia. La democrazia ritiene sé stessa “la miglior forma di governo”: inalienabile, insostituibile, insuperabile. Per definizione, l’ultimo capitolo della storia.
All’apice dell’apice troviamo la tecnologia, germogliata in maniera esponenziale nell’ultimo decennio – TV, rete internet e telefono cellulare. Provate a mettervi in un cantone della vostra dimora, con il TG24 di sottofondo e il tablet a portata di mano, per chiedere in preghiera a un’entità superiore che il giorno seguente il clima sia mite. Persino il vostro personal computer, sulla scrivania, vi guarderebbe compassionevole mostrandovi il meteo delle settimane seguenti. Tutto a portata di clic. E provate a sognare terre inesplorate con migliaia di satelliti che vi ronzano sulla testa; provate a scandire la vita attraverso le fasi lunari in mezzo a una cappa di smog, asfalto e luci artificiali. Ci hanno tolto il mondo da sotto i piedi e ora provano a vendercene un altro.
Il 21 dicembre è da millenni, e di certo non per moda, la data fondamentale che nell’emisfero boreale segna il Solstizio d’estate. Ne avevo già tracciamo un’analisi sul periodico “Sole e acciaio”, per cui non mi dilungo e faccio riferimento a quest’ultima. Intendo solamente mettere in rilievo l’importanza e il significato di celebrare un rito atavico come il ritorno del Sole, nell’esatto momento in cui il resto del pianeta annega tra i flutti inquinati delle mode commerciali. In questo periodo storico si parla tanto, e molto spesso a sproposito, di “rivoluzione”. Bene, tra le priorità, la rivoluzione spirituale è la prima da affrontare. Siamo noi, soli con noi stessi; o meglio contro noi stessi: contro il borghese, civilizzato, assuefatto sotto-uomo che ci pervade.
Questo non è un derby calcistico, non è un diverbio pro-Halloween o anti-Halloween e nemmeno una questione di gusti e preferenze. Stiamo parlando di uno scontro frontale tra l’atavica dignità spirituale e una dolciastra auto-compiacenza plebea. Insomma, quest’anno il 21 dicembre è molto più di una semplice casella sul calendario. Il 21 dicembre 2012 vi sta mettendo dinnanzi a un bivio: uomini o consumatori; spirito o gregge; Sole o ventre. Come sempre, questione di scelte.