Non ho un padrone. Così ho voluto scrivere all’ingresso della gabbia di Tiberio, criceto russo di razza Winter White Pearl. Tiberio è imprigionato, in apparenza. Le sue azioni sono limitate spazialmente dalle sbarre che lo circoscrivono. Tutto vero, eppure vi dico che è più libero di molti di noi.
Noi uomini del 2010 possiamo prendere un aereo e arrivare all’altra estremità del globo in meno di un giorno: tuttavia siamo schiavi dei mezzi che abbiamo inventato, siamo dipendenti dal petrolio come dall’ossigeno. Abbiamo la facoltà di girare il mondo, trasferirci, prendere residenze, andare in vacanza, ma non sappiamo instaurare un rapporto equilibrato con l’ambiente in cui viviamo ogni giorno. Possiamo inviare e ricevere informazioni da una parte all’altra dell’oceano in una frazione di secondo, senza riuscire più a comunicare con il nostro vicino. Possiamo sapere quello che succede, ovunque e 24 ore su 24, ma non riusciamo a renderci indipendenti dalla TV, a riunirci spontaneamente per rivendicare di persona le nostre volontà senza aspettare che qualche politicante incravattato lo faccia per noi.
Dal canto suo un criceto ha un raggio d’azione di mezzo metro scarso ed è circondato da sbarre di metallo che non può valicare. Possiamo però dire che sia schiavo? Schiavo di chi e di cosa? Egli è solamente in cattività, vincolato da una forza superiore è di per sé è libero. Prigioniero è colui che è costretto e limitato da altri, schiavo invece chi si incatena da solo.
Schiavi, oggi un criceto vi ha insegnato qualcosa: la gabbia peggiore è quella nella quale non sappiamo di vivere.
"Schiavo è chi aspetta qualcuno che venga a liberarlo." Ezra Pound