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martedì 20 dicembre 2011

Solstizio


Il solstizio d’inverno è, prima di tutto, un evento astronomico. È il momento dell’anno in cui, nell’emisfero boreale, il Sole raggiunge il suo anti-apice: è la notta più lunga dell’anno.

Cosa può e deve significare per noi ‘celebrare il Solstizio’?

Non solo reiterare la nostra gratitudine verso la rinascita solare; non solo partecipare a una vittoria simbolica sulle tenebre. Il quotidiano deve lasciare posto alla circolarità dell’eterno: il giorno feriale alla stagione, la settimana lavorativa all’anno solare, la frenesia dell’orologio all’innata regolarità delle fasi lunari. È fondamentale a questo scopo trovarsi in un luogo appartato e inusuale, che accentui tanto l’eccezionalità dell’avvenimento quanto il raccoglimento necessario all’elevazione interiore. Per poche ore l’uomo civilizzato ha il privilegio di tornare a sentirsi animale spirituale nella sua dimora naturale.

Bisogna altresì precisare che non si tratta di un culto religioso. Quella che in latino viene chiamata religio è ciò che più si avvicina al termine superstizione, nel senso più anti-razionale del termine. I riti religiosi, fuori dal loro contesto tradizionale, perdono il loro significato originario; così come libare offerte a Cerere aveva un reale significato nell’età romana precristiana, oggi sarebbe a ragione etichettato come folklore, tra il patetico e il sacrilego. Pertanto noi, europei della tarda età contemporanea, dobbiamo rassegnarci al fatto di non avere una religione, e quindi di non poterla pienamente esercitare nella sua funzione rituale.

Il livello che ci avvicina al vero senso della celebrazione è invece quello metafisico: nulla come questo aggettivo fonde alla perfezione la dimensione materiale con quella spirituale. Il fuoco acceso sulla Terra è il tramite tra noi e il Sole, la veglia notturna è l'offerta spontanea della nostra vita alla perfezione dell’universo. Attendere il ritorno del Sole vigilando è l’iter per entrare in contatto con il divino.

Per nulla in contraddizione con l’anti-religiosità del rito, l’elemento divino si svela nella circolarità naturale degli elementi. La terra, il fuoco, la luna, il sole, le stelle: vita e morte, declino e rinascita sono i fenomeni che ci manifestano la divinità nel reale. Solamente quando percepiremo questa fusione con la natura, nella quale si riscopre la divinità come la più pura forma di panteismo, il cui apice è l’empatia solare, solo allora si potrà dire riuscito il rituale del Solstizio.


Di seguito, della musica che aiuta ad avvicinare le parole al concetto.

domenica 11 dicembre 2011

Elogio della povertà

Temiate la superficialità, non la povertà.
Con questo monito mi inoltrai nella selva della sofferenza per uscirne diverso. Un altro, addirittura.
Al contrario di quello che la mentalità borghese può indurci a pensare, la povertà è un pregio: o meglio, una fonte di virtù. Perché è solo nella mancanza che l’uomo può tornare a riscoprire le proprie doti, a vivere secondo natura e in armonia con sé stesso.
L’abbondanza di mezzi e piaceri rende deboli e sviliti. Tutti i popoli che sono cresciuti tra l’oro e lo sfarzo, ci sono anche morti. L’esempio dei monasteri germogliati nel Medioevo dimostra invece l’integrità del rigore intriso di frugalità e povertà. Quale migliore prova di rettitudine della scelta di una privazione spontanea!
Se oggi la materia effimera ha vinto sullo spirito, se il corpo soccombe sotto la vacua apparenza e l’umanità è schiava del denaro e drogata di progresso, lo dobbiamo al trionfo della ricchezza. Non solo l’uomo moderno vuole essere ricco: egli desidera essere più ricco. Più degli altri, più di prima. Più ha e meno dà. È sensato allora constatare che ogni altra logica malata di quest’epoca sia erede legittima della ricchezza.
Per questo in quella selva ho imparato a vivere. Imparare a vivere è un clamoroso ossimoro, mi direte: ogni uomo vive dal primo istante in cui è concepito fino alla morte. Vi siete mai soffermati nel bel mezzo di un incrocio, ad osservare gli umani zampettare da un negozio all’altro come formichine denaturate? E osate ancora definirli vivi? Carichi di borse, vestiti ad arbitrio delle pubblicità, soggiogati dalle micro tecnologie; privi di personalità e meccanici come zombie. La mortificazione della vita.
Trovai nella coscienza del sacrificio una cura al germe erosivo del lusso. Solo le notti sotto le stelle e i giorni trascorsi a contemplare il sole portarono robustezza alle mie ossa e ossigeno alla mia mente. Solo immergersi nell’acqua dopo un addestramento snervante ci ridona una sensazione di vita. Un tronco cavo diviene giaciglio e il verso del gufo piacevole compagnia. Nel profumo di una viola e nel gusto di una fragola di bosco sono racchiusi i misteri del mondo.
Questi pensieri fluttuano accarezzati dalla brezza come ninfee sullo specchio di un lago. L’estasi della staticità esterna rivela tuttavia la profondità feconda che le ha generate: acque incontaminate da cui le zanzare della copiosità stanno deliberatamente alla larga. Queste sguazzano lontane: nelle pozzanghere, nelle paludi e in tutto ciò che può offrire solamente la ricca, ma corrotta, superficie di sé stesso.
"Un letto da poco mi scalda meglio di uno ricco: perché io sono geloso della mia povertà." (F. Nietzsche)