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martedì 5 aprile 2011

Una scelta definitiva

Per spostarsi da un punto all’altro del globo, da che mondo è mondo, serve un mezzo di trasporto. Basta un clic su internet, una carta di credito e voliamo nei posti più remoti. Anche le automobili sono comode e soprattutto fanno girare i soldi: carburante, assicurazioni, bolli, revisioni... 24 ore su 24, 365 giorni l’anno: se avete bisogno di un distributore lo troverete aperto sempre. Le autostrade sono calde notte e dì – tutti i giorni – solcate dalle gomme, cerchi in lega, cavalli e cilindrate.
Caschi integrali, vitamine, aspirine, estintori, mascherine contro lo smog: c’è tutto quello che serve per mantenere una parvenza di salute. Cosa mi lamento, non si potrebbe fare di meglio! Abbiamo i conservanti, la tv satellitare, i-phon, i-pad, i-touch. Con soli 8 euro possiamo goderci l’ultimo film hollywoodiano in 3D. Non ci manca proprio niente. Materassi di gomma, case in cartongesso, bicchieri di plastica, vestiti in poliestere, sponsor ufficiali, macchine fotografiche usa e getta, uno schermo e una batteria per ogni utensile.
Stiamo vivendo l’apoteosi dell’elettronica, il culmine monumentale dell’informatica, l’apice del dominio umano sulla Terra. E’ questo l’uomo che mi accingo a distruggere. Egli ha abusato di ciò che un Dio ingenuamente generoso gli ha donato. Non aveva forse le idee chiare il giovane Victor Frankenstein dopo aver creato un vero e proprio mostro? Era così in buona fede inizialmente, tanto dedito al suo successo da dimenticarsi delle conseguenze di quella assurdità. E il nostro Dio non è altro che un Frankenstein in grande: dobbiamo accettare l’idea di essere figli di un eccesso di zelo.
Accantonati e rinnegati da nostro Padre, abbiamo fatto il suo stesso sbaglio con il mondo che ci ha affidato. Questo pianeta doveva essere un figlio, una madre e un fratello. Da ingrati lo abbiamo riempito di buchi, soffocato di cemento e radiazioni; ne abbiamo insozzato le viscere e l’atmosfera. Nessuna scusa potrà mai cancellare tali ingiurie: presto esso si rivolterà contro di noi, inconsapevole del fatto che l’uomo nasce già insieme al virus della propria morte. Non gli lasceremo nemmeno la soddisfazione di scrivere con le proprie mani la parola “fine”.
Quello contro cui mi scaglio, quello che intendo polverizzare non è solo il mondo moderno. È l’uomo. L’uomo che, dopo millenni di esistenza cauta e prosperosa, esagerando e degenerando giunge agonizzante a scongiurare di essere annientato. L’uomo che, sputando addosso a Dio e calpestando la sua terra, ha decretato la sua condanna. Dio non è morto, uomini, è furibondo!
Forte di un fuoco purificatore, delibero e agisco in Suo nome senza incertezza o rimorso, tranne quello di non poter tramandare le motivazioni di un gesto così eclatante. Ma in fondo, a che servono le parole se tengo un comizio dinnanzi a una platea di sordi? Per quale uomo varrebbe la pena di sprecare fiato se questi è prossimo al martirio? Mi piacerebbe, ora, disquisire con un mio antenato: Seneca, Platone, Cicerone. Mi loderebbero? Mi biasimerebbero? Non ne ho idea, desidero solo ardere insieme a questo fuoco. Che tutto torni come prima. Addio.

“Che cos'è un contemporaneo? Uno che ci piacerebbe ammazzare, senza sapere bene come.” (Emil Cioran)